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Abstract :
[en] A forza di essere isolata, essenzializzata e statualizzata, la figura di Melusina (Mélusine) ha subito un certo impoverimento, persino una paradossale sterilizzazione, nella misura in cui dovrebbe, al contrario, collocarsi sul versante dell’eccesso e della fertilità. Risalendo ai tre testi principali – i romanzi di Giovanni di Arras (completato nel 1393), Coudrette (scritto poco dopo il 1401) e Thüring von Ringoltingen (scritto nel 1456) – questo articolo propugna il ritorno a una Melusina storicizzata ed epica. Né mostro solitario né vice del demonio, la madre dei Lusignani si comprende attraverso i suoi discendenti fatati: è tramite i suoi prodigiosi figli che rivela, al ritmo della narrazione, la sua verità. In ogni muscolo, in ogni deformità facciale, in ogni tratto di grandezza o di follia dei suoi dieci figli, emerge la presenza di Melusina. Il personaggio chiave della storia è Goffredo dal Grande Dente (Geoffroy la Grand-Dent), il suo sesto figlio: in una discesa agli inferi che è allo stesso tempo geologica e genealogica, egli scopre i segreti di famiglia e l’origine del male. Ritornando a questo motivo, ci proponiamo di restituire la singolarità della narrazione melusiniana: quella di un’intensa interrogazione sulla filiazione, da cui dipendono le moderne riflessioni sull’individuo e sulla famiglia, sulle pulsioni di vita e sull’istinto di morte.